Napolitano e l'attacco di Brunetta

 

Premetto che non ho convinta sintonia con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. E' un pezzo di storia che ci rimanda al passato, a un passato della vita della nostra Repubblica che, purtroppo, per le tante verità ancora negate sulle sue innumerevoli pagine buie, pesa sul nostro presente e ci impedisce di essere una democrazia matura e compiuta. E' un uomo che pur essendo appartenuto a quella componente del PCI lontana da un atteggiamento fideistico nei confronti dell'Unione Sovietica, ha conservato di quella cultura pre-caduta del Muro di Berlino, al pari di esponenti di quell'epoca militanti oggi in altre forze politiche, il pragmatismo assoluto, condito da cinismo quanto basta, che vuole ad ogni costo il raggiungimento dell'obiettivo scarificando, magari, scampoli a volte abbondanti di coerenza e di valori importanti. Un modo di concepire e di praticare la politica per me inaccettabile ma che, fino ad ora, sembra essere in generale inteso come l'essenza del fare politica, checché ne dica Papa Francesco. Considero Napolitano uno dei veri artefici, insieme a Beppe Grillo, dell'attuale Governo delle cosiddette 'larghe intese', una specie di inciucio che mette insieme tutto e il contrario di tutto, il PD con il Pdl, adesso con quella parte del Pdl che s'è staccata da Berlusconi, impedendo una sana dialettica tra maggioranza ed opposizione e producendo provvedimenti che sono il risultato di estenuanti e dannose, per i cittadini, mediazioni; tranne a non volere ammettere, e non lo voglio ammettere, che il contrasto è solo apparente e che in Italia, ormai, non esiste più un vero centrosinistra con connotazioni ben distinte e proprie. Il percorso doveva essere diverso, non siamo in Germania, fare un governo di scopo per alcuni atti urgenti in materia economica, nuova legge elettorale, e subito alle urne. Vedremo, in proposito come si muoverà Matteo Renzi per ristabilire le naturali differenze. Mi sarei aspettato dal Presidente, altro punto assai dolente, maggiore collaborazione con i magistrati che stanno indagando sulla trattativa Stato-mafia, trattativa che ci fu e di cui bisogna solo definire, processualmente, estensione, contenuti e responsabilità istituzionali. Non ho capito, per rimanere in tema, perché Napolitano, nella sua duplice veste di Presidente della Repubblica e del Consiglio Superiore della Magistratura, non abbia speso una sola parola, se non generici attestati di solidarietà, a sostegno dei magistrati della trattativa e, in specie, del pm Nino Di Matteo fatto oggetto, non solo lui, di gravissime, inquietanti e rabbiose minacce pronunciate, ennesimo mistero, da Totò Riina. Insomma, dobbiamo attendere che al Quirinale salga qualcuno che non abbia nulla a che fare con la lunga stagione della Guerra Fredda per potere sperare in una primavera al Colle. Tutto ciò premesso, a dimostrazione della mia distanza da Giorgio Napolitano, mi appare incredibile l'attacco di Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, che accusa il Capo dello Stato di un "orribile silenzio", nel discorso di fine anno, su Silvio Berlusconi. Bè, anch'io voglio fare la medesima accusa. Napolitano avrebbe dovuto dire che in Italia la legge è uguale per tutti, che chi viene condannato per reati gravi non può rappresentare le istituzioni, che chi ha sentenze definitive e parecchi processi in corso, qualcuno già con condanna in primo grado, è bene che non faccia più politica, che non fondi partiti, che non istighi alla rivolta di piazza i propri elettori. Non l'ha fatto, si, un orribile silenzio.

Pippo Russo