Parla Mario Cicero sindaco simbolo delle Madonie, candidato alle europee con SEL

 

L'intervista ad uno degli amministratori più apprezzati del comprensorio territoriale delle madoni in provincia di Palermo, Mario Cicero, che dopo 10 anni di sindacatura nel comune di Castelbuono abbraccia una nuova importante sfida tutta a sinistra, quella vera, candidandosi alle prossime elezioni europee con SEL Sinistra Ecologia e Libertà.

- Di nuovo in campagna elettorale. Ed ogni volta è la campagna elettorale più importante, no? Come si arriva a SEL, dopo la lunga militanza da protagonista nel PD, e come a questa candidatura?

Sì, le campagne elettorali sono tutte importanti, ma in realtà nessuna è più importante e sentita delle amministrative: è nelle amministrative che si instaura il rapporto più autentico tra candidati – sindaci o consiglieri – e cittadini. Quest’elezione europea però ha un’importanza davvero storica, perché cade in un periodo in cui l’Europa è messa in dubbio, risultato di una diffusa politica euro-scettica che parla solo alla pancia della gente. La mia candidatura nasce da un avvicinamento tra me e SEL, dopo la decisione di lasciare “questo” PD, che ha perso la bussola della sinistra.  Non riesco, infatti,  più a comprendere cosa vuole fare il Partito Democratico nei confronti del “mondo” dell’impresa, delle professioni, del sociale, della cultura e soprattutto del mondo del lavoro.”

- Però proprio questi cinque “mondi” sembrano i temi più battuti dal “democristiano” Renzi. Di che sinistra parliamo quindi?

Sia chiaro, io con il termine “sinistra” non immagino solo una politica a tutela e riscatto dei diritti dei lavoratori. Quello è ovvio, oserei dire. Per me una politica è di sinistra quando un partito riesce ad intercettare tutti i bisogni della società, li sa fare propri e sa incanalarli in un percorso in grado di dare risposta a tutti i settori sociali, non solo ad alcuni o, peggio, alle lobby. Basta vedere la politica nazionale, dove i grandi partiti sono succubi dei grandi interessi: lo abbiamo visto con le banche e con i grandi colossi industriali, e tutto ciò a danno dei territori e delle piccole e medie imprese, e quindi di artigiani, commercianti, agricoltori. Ecco, ad esempio: favorire i prodotti agroalimentari della grande impresa non fa altro che mortificare sia la qualità della nostra alimentazione che la nostra produzione e quindi la nostra economia.”

Una sinistra più “protagonista” quindi, e meno antagonista. Il “protagonismo”, in fondo, è una nota caratteriale che nel comprensorio le viene riconosciuta dai più. Secondo alcuni è anche il suo principale difetto, al punto da aver creato qualche attrito, anche recente…

Che mi venga rimproverato il “protagonismo” io lo accetto. Ripeto sempre che ho fatto il sindaco divertendomi e vivendo la politica come impegno sociale, con passione e mai per il “potere”. Sfido chiunque a dimostrare che nei miei dieci anni da sindaco di Castelbuono, nonostante sia riuscito ad avere un apprezzamento molto diffuso, abbia mai agevolato “carriere” per me o posti di “sottogoverno” per qualcuno a me vicino. Altri mi rimproverano che uso troppo il termine “coinvolgere”. Ma solo nell’unità d’intenti, come ho contribuito a fare con le “Madonie” nella mia azione amministrativa comunale, si può far crescere un territorio. Potrei fare un esempio su tutti: il progetto “Green Economy”, finanziato dal Ministero dell’Ambiente vedeva Castelbuono come Comune beneficiario, invece abbiamo coinvolto anche il Parco delle Madonie e altri Comuni, portando a finanziamento, nella prima fase ad esempio, l’efficientamento energetico delle scuole a Gangi, Campofelice di Roccella e a Castellana Sicula. Successivamente verranno finanziate altre opere in altri Comuni delle Madonie fra cui anche Castelbuono (Castello dei Ventimiglia). Molti colleghi, che hanno lavorato insieme a me, nel vendere il prestigio di questa terra, mi avevano ribattezzato “Ministro degli esteri delle Madonie”. Se i territori non fanno “sistema” non possono salire sulla corsa del treno Europa e coglierne le possibilità. Convolgere e coinvolgerci. Altrimenti siamo perduti.
Ma in tutto questo sono stato ostacolato all’interno del PD. E voglio raccontarvi alcune cose inedite, che nessuno conosce e che forse è il momento di rendere note. Nella mia azione amministrativa da Sindaco di Castelbuono, non ho mai cavalcato l’antimafia, pur consapevole che in un contesto nazionale inserire la parola “mafia” avrebbe portato su di me molta più attenzione. Preferivo, e preferisco tutt’ora invece, raccontare quella Sicilia vera, che lavora ogni giorno ed ha un ripudio naturale della cultura mafiosa, affaristica e clientelare. Quella che si alza ogni mattina per produrre. E la Sicilia ha grandi ricchezze in tal senso. Mentre dall’altra parte c’è stata gente che ha cercato, in tutte le occasioni utili, un contrasto al fenomeno mafioso innanzitutto di etichetta, per un vantaggio mediatico e personale.”


- Dall’altra parte – ci sta dicendo Lei – c’è il senatore Lumia?

Lui è uno di quelli che ha costruito di più sull’antimafia. Voglio raccontare le due vicende che hanno interessato prima il concittadino Prisinzano e poi il cittadino onorario ing. Lena. In entrambi i casi sono stato pressato affinché il Comune si costituisse parte civile e conducesse altre azioni per affrancare Castelbuono dalla questione mafiosa. Io invece nel 2006 ho preferito inviare alla stampa un comunicato in cui mi dichiaravo “orgoglioso di vivere in una comunità senza mafia”, in cui ribadivo la realtà dei fatti: a Castelbuono la mafia non c’è. Ma la non accondiscendenza in questa terra si paga, perché l’antimafia di professione la si fa “gridandola”. Mi dava veramente fastidio assistere alla carriera di uomini politici, professionisti dell’antimafia, che non hanno saputo aggiungere una proposta concreta e che hanno utilizzato la parola e l’azione dell’antimafia solo per un loro tornaconto. Io non ho accettato di intestarmi questa bandiera e di fare il sindaco “antimafia” per visibilità: ho preferito lavorare nel concreto creando occupazione e perseguendo la legalità, provando a dare dignità ad ogni classe sociale e diminuendo gli spazi dove la mafia prospera. Dare il diritto di vivere la propria vita senza dire grazie a nessuno.
L’ho sempre detto nei comizi e in ogni occasione: sfido chiunque a dichiarare che io abbia mai chiesto un voto alla luce di un “favore”. Io credo in questa politica, quella intesa come strumento a servizio degli altri.”


- Parleremo anche di questo; ma torniamo al “ministero degli esteri delle Madonie”. Si candida a questo ruolo anche in Europa?
Sì, ma non solo. Dicevo: questo territorio ha speranza e cresce solo se è unito. La “Città a rete Madonie”, idea vincente, non può rimanere solo uno slogan. Come governare insieme alcuni processi in questo territorio? Quali servizi possiamo dare con la Città a rete Madonie, quali opportunità di lavoro possiamo innescare? Oppure, chi deve essere “capitale” del territorio? E lo dico da orgoglioso castelbuonese: può farlo solo Cefalù.
Castelbuono deve assumere un ruolo guida sull’artigianato, il turismo enogastronomico e la cultura. Così come un ruolo forte nell’agricoltura di qualità spetterebbe alla zona di Cerda, Gangi, le Petralie, Castellana e il turismo balneare con Campofelice, Termini, Pollina, oltre che Cefalù; specializzando il patrimonio culturale ed ambientale di Isnello, Gratteri, Polizzi e delle alte Madonie in maniera tale da renderli poli di eccellenza del turismo montano, della terza età e del socio-sanitario.

Uno schema simile, una visione dello stesso tipo, deve esserci per l’intera Sicilia: specializziamo i territori, lavoriamo per esaltarne i veri elementi di eccellenza, zona per zona, ed offrire tutta la splendida diversità che la Sicilia può offrire a turisti ed investitori.
Sono contro il concetto che “tutti fanno tutto”. E’ una contraddizione insistere affinché nella zona di Termini Imerese prosegua un insediamento industriale quando, superato il fiume Himera, il litorale sta puntando sul turismo balneare e alberghiero. Un tour operator che passa dall’autostrada si rende conto in un istante della “distanza” che separa i due luoghi.  Resto solidale con gli operai del gruppo Fiat, che necessitano di tutti gli strumenti legislativi per il pieno accompagnamento fino alla pensione, ma la mia idea – già nel 2008 ed oggi diventerebbe centrale nella mia agenda da parlamentare europeo – è quella di riconvertire tutti questi siti industriali che non hanno mai avuto un vero decollo per puntare su un turismo di qualità, con una prospettiva futura coerente alle caratteristiche di questa terra. Bisogna cominciare. L’industria va allocata in territori più consoni: chi non ha davanti agli occhi lo scempio dei più bei golfi di Sicilia come Milazzo e Priolo? Località svendute alle multinazionali per un tozzo di pane e poche centinaia di posti di lavoro. Recuperiamo le spiagge che, secondo le analisi degli osservatori specializzati, producono un reddito annuo medio superiore ai 1.500 € al metro quadro. Proviamo a moltiplicarlo per le migliaia di chilometri delle nostre spiagge. La sabbia divorata dal mare equivale a una perdita di ricchezza nazionale di 6 miliardi di euro annui, lo 0,5% del Pil nazionale. Riconversione e recupero: prima o poi dobbiamo invertire la rotta. Una spiaggia per Termini, così da avere una costa ininterrotta fino a Pollina – per rimanere nelle Madonie – fatta di sabbia e scogliere paesaggisticamente irripetibili. Nelle Madonie il percorso era stato avviato: non dimentichiamo che la Camera di Commercio di Monza e Brianza ha promosso il marchio “Madonie” tra i primi quattro in Italia, prima di Dolomiti e Cinque Terre.  Ci siamo presentati al mondo non come un popolo sfortunato o rassegnato, ma voglioso di rilanciarsi usando la biodiversità, il geopark, la sostenibilità e strumenti come agenda 21 e il patto dei Sindaci. Ma c’è ancora tantissimo da fare e da consolidare.”

- Chi è mancato, o chi manca tuttora, in questo disegno?
Interlocutori. I bravi amministratori locali, che esistono e non vengono valorizzati, non hanno con chi confrontarsi per affrontare le risposte di sistema e di comprensorio. C’è dinamismo e potenzialità anche in tanti imprenditori, ma chi è deputato a legiferare senza calarsi nella realtà non riesce a dare senso alla vocazione naturale dei territori.”

- E SEL la candida per questo? Il partito sembra avere grandi progetti per lei, una candidatura così importante, e così presto, lo dimostra. Quasi a voler sottolineare che il PD ha spesso trascurato i territori e i rispettivi amministratori meritevoli. Una nuova sinistra si candida a raccogliere queste istanze insieme al dissenso per la possibile svolta “democristiana” di Renzi?

La svolta democristiana non è di Renzi, è del PD. La responsabilità è dell’ala di tradizione di sinistra, dei D’Alema, Veltroni, Bersani, fino a scendere a Cracolici e gli altri che hanno bloccato la crescita di nuove figure dentro ai democratici. Abbiamo messo anima e “voti” dentro il PD, ma il blocco ex DC – che quando è confluito nel PD era una piccola parte – ha saputo aspettare, ipotecando alcuni processi fino ad assumere il controllo del Partito Democratico. Oggi il PD ha un Presidente del Consiglio dei Ministri, Segretario Regionale e Nazionale che provengono tutti da quella tradizione, ed è nel loro DNA strutturare il partito secondo una logica di corrente. Faccio un esempio: io ho votato Lupo come segretario, perché facevo parte della mozione Mattarella opposta a Lumia. Quando mi sono accorto, e non c’è voluto molto, che Lupo era il peggiore segretario possibile (continuo a chiedermi: chi lo ha “pagato” per creare tutto questo danno al PD?) ho votato per la sua sfiducia.  Ho ricevuto subito la classica chiamata di rimprovero perché andavo fuori dalla logica della corrente. Si sono incrinati i rapporti anche con gente che stimo, come l’on. Tonino Russo. Lo racconto perché ritengo assurdo vivere il partito secondo l’appartenenza a fazioni: se partecipo ad una riunione e non sono d’accordo con una persona con cui ho condiviso un percorso, io lo devo dire. E lo dirò sempre. Ma dentro il PD questo modo di fare non paga.
Sono uno di quelli che ha creduto fortemente nel progetto di contaminazione delle diverse sensibilità – cattolico e progressista, ambientalista, socialista, fino all’avanguardia del comunismo italiano – ed era un grande progetto. Purtroppo questo percorso si è arenato perché schiavo delle correnti, vecchie e nuove, ed in più perché in Italia sta passando il messaggio devastante che i partiti vanno distrutti, e ciò porta soltanto verso una deriva personalistica della politica.
In tutte le democrazie avanzate, guarda caso, anche in quelle dove meglio si riesce a dare risposte a questa crisi, i partiti hanno un ruolo determinante.
Evidentemente è SEL è il partito della sinistra, uno spazio di sinistra aperto dove non ho trovato ragionamenti preconcetti ma grandi spazi di discussione. Per quello dicevo all’inizio che un grande partito di sinistra deve avere la grande capacità di contaminarsi con la realtà in cui vive con progetti a misura d’uomo che perseguano l’interesse generale.”

- Ma i due blocchi principali di questa tornata elettorale sono: da un lato quello degli euroscettici e dall’altro quello degli europeisti filo-Merkel, Monti o Draghi. L’Europa dell’economia insomma. SeL, in questo scenario, non rischia di essere schiacciata nel mezzo, in un’elezione che sembra un referendum tra pro e contro?

Non credo. Dare peso a SEL, in queste Europee di maggio, significa dare forza ad un soggetto che può contribuire a cambiare l’Europa, e farne Europa dei popoli e non delle lobby. Mi spiego meglio: l’impegno, giusto, dell’Europa per favorire una politica energetica rinnovabile (protocollo di Kyoto, Patto dei Sindaci ecc.) si nutre di controsenso. E’ assurdo, e va nella direzione contraria, che l’Europa imponga di valorizzare i prodotti dei territori, ma in tutte le gare d’appalto delle strutture pubbliche (mense collettive, assessorati, ospedali) non c’è inserita una clausola di salvaguardia – nel rispetto del protocollo di Kyoto e dei prodotti a km 0 -  per le realtà produttive più vicine. Se ci fosse, otterremmo due cose: da una parte, consentiremmo ai nostri produttori di garantire e vendere le colture dei prodotti che coltivano e trasformano (come il grano siciliano), dall’altra parte – bloccando le lobby delle multinazionali del grano e degli altri prodotti – ridurremmo notevolmente l’inquinamento che questi prodotti creano nel loro trasporto. Una nave che parte dal Canada per portare il grano in Sicilia – oltretutto un grano di qualità indubbiamente inferiore a quello nostrano – inquina, e tanto. Immaginate la rivoluzione che una norma del genere potrebbe innescare, da ogni punto di vista.
A che serve, altrimenti, stanziare milioni di euro per abbattere l’inquinamento e nel frattempo favorire il trasporto delle merci su gommato, nave o aereo in nome del “libero mercato”? Solo una forza politica che ha legame con i territori ed è libera dai condizionamenti delle lobby può intestarsi questa battaglia. L’Europa non può servire solo per salvare le banche, o solo per promuovere i bandi: non ci possono accontentare con i finanziamenti, che vanno intercettati e che servono sicuramente, ma deve occuparsi anche di alimentare processi virtuosi per la crescita dei territori. Non può aiutarti a costruire il mulino più moderno del mondo e poi danneggiarti proponendo un quadro di regole del mercato a favore delle multinazionali.”


- Ok, siamo passati dalla politica dei partiti a progetti precisi. Bufalino diceva che “Le Sicilie sono tante”. Lei, concretamente, quale Sicilia vuole rappresentare e portare in Europa?

La “dieta del Mediterraneo” è stata riconosciuta da qualche anno patrimonio dell’Unesco; abbiamo una ricchezza di biodiversità sterminata e un patrimonio monumentale e paesaggistico immenso. Questa è per me la Sicilia e la Sardegna, il collegio in cui mi candido.
Pippo Fava diceva della Sicilia che è “la terra prediletta dal sole, che unisce la solennità delle montagne alla dolcezza del mare. E’ palcoscenico di grandi dominazioni”. Il Mediterraneo deve essere la terra della pace, del rispetto e dell’integrazione di culture e religioni. Per far ciò va cambiata la politica delle migrazioni, dell’accoglienza e degli scambi economici tra gli Stati del Mediterraneo. Bisogna rimettere al centro dell’agenda politica “l’area di libero scambio euromediterraneo”. Un progetto geniale bloccato per la volontà precisa di chi ha trainato queste ultime stagioni di politiche comunitarie – la Germania di Angela Merkel, le destre, Berlusconi e la Lega Nord – che non avevano alcun interesse a far crescere l’economia meridionale e hanno lavorato affinchè si garantissero gli interessi di banche e lobby economiche. Se riprendiamo l’idea dell’area di libero scambio euro-mediterraneo avremmo 900 milioni di persone che, senza passaporti, possono muoversi in quest’area e intraprendere rapporti economici. In questo disegno la Sicilia è la piattaforma naturale per ogni ingresso in Europa, a quel punto non solo dei poveri disperati ma anche dei professionisti e delle merci; il luogo di scambio inevitabile tra le culture e una terra di contaminazione continua. Questo significa anche commercio, turismo, lavoro.
Perché, nonostante i disservizi che oggi offriamo, c’è molta gente nel mondo che guarda alla Sicilia e al Mediterraneo con interesse; ed è semplicemente in attesa che queste terre siano in grado di fornire servizi in linea con una società del 21° secolo.”

- Ci consenta una battuta però: ha guadagnato una popolarità, adesso spendibile, soprattutto grazie a quell’idea originale di utilizzare l’asino per la raccolta differenziata dei rifiuti a Castelbuono. Il suo vero “cavallo” di battaglia è l’asino…
Ne vado fiero. Quel progetto ha dato a Castelbuono una ribalta internazionale. L’idea ha avuto un grosso ritorno mediatico, ma il successo di quell’iniziativa non è stata soltanto per il suo valore folcloristico. La stampa e la cultura nazionale hanno compreso – da Repubblica al Washington Post, dalla Rai alla Reuters e alle tv giapponesi – anche il messaggio super-ecologico che lo anima, nonché l’altro aspetto – quello sociale, forse il principale – dell’impiego nel servizio di personale che era ai margini della società: persone provenienti dal disagio sociale, che – grazie all’asino ed ad un impiego onesto e utile – oggi hanno piena dignità, dignità che solo il lavoro sa dare. Soluzioni come queste, coraggiose ed innovative, lanciano un messaggio dirompente: creazione di lavoro, valorizzazione dell’ambiente, del territorio e maggiore coesione sociale e culturale.”

Pensa che la disaffezione che vive in questo momento la politica penalizzerà il voto europeo? Lei ha una sua ricetta per far recuperare un minimo di fiducia della gente nei confronti della politica?

Primo. Ritengo che i cittadini devono riappropriarsi del loro protagonismo, innanzitutto pretendendo partiti seri, nei quali non ci siano solo generali e colonnelli, ma un vero radicamento nei territori. Secondo, e questo tipo di elezioni aiutano, se ci sono eurodeputati che hanno lavorato bene e hanno saputo rappresentare i territori, a prescindere dal partito, vanno rivotati. Ma allo stesso modo non bisogna votare chi non è tornato nel territorio, chi non ha dato risposte, chi ha abbandonato la propria terra. Come succede con i sindaci, che ci mettono la faccia ogni giorno, bisogna votare chi non ha una chiusura al confronto continuo con la gente. Oggi, più che mai, servono interlocutori veri e non delegati fantasma, e chi mi conosce sa che non ho mai lasciato nessuno dietro la porta (del Comune o di casa) a qualsiasi ora del giorno e della notte. Io con la politica non mi sono arricchito. Nei miei 10 anni da sindaco, ho lavorato a tempo pieno, senza risparmiami, ho fatto l’autista, ho dormito nei conventi, ho montato stands e ho fatto promozione porta a porta per il nostro territorio e quando ho finito ho lasciato la valigetta da amministratore e ho preso quella del mio vecchio lavoro, rappresentante di commercio, senza vergognarmi di dover scaricare la merce o di dover trattare la vendita e accettando il rifiuto. Iosono stato prestato alla politica, ho servito la comunità, e l’ho fatto con piacere.”

- … prestato, ma allora perché ritorna così presto

Ritorno in politica perché è comunque la mia più grande passione, perché Sinistra Ecologia e Libertà me lo ha chiesto a ragion veduta e perché, nel mio piccolo, ritengo di poter dare il mio contributo di onestà, impegno e idee. E più in generale posso dare un contributo nel confronto collettivo nel segno della pace, dello sviluppo e dell’integrazione. Altre volte ho sottolineato che la Sicilia sa diventare “Madre”, e come una madre  non si tirerebbe mai indietro per accogliere e far felici i propri figli. Troppo spesso l’Europa ci ha fatto andare contro natura, trasformando il nostro mare in un mare di morte. In Sicilia nessuno dovrà più sentirsi straniero.
Tornando ai politici, c’è bisogno di una stagione di uomini politici semplici e concreti; di gente che non si è arricchita con la politica e che vuole arricchire la comunità.
Ricordo che nel 2004, dopo due anni dal mio insediamento a Sindaco, ho ricevuto una notifica da parte dell’Ufficio delle Entrate. Mi veniva contestato un anomalo crollo del reddito, perché non avevo – e non ho chiuso mai – la mia partita IVA. Ho dovuto documentare il mio nuovo “mestiere” con le delibere di insediamento.
Ho sempre inteso i soldi come uno strumento per vivere e così sarà anche in caso di una mia elezione. Se verrò eletto deputato europeo, lo dico adesso ma non sarà oggetto di grandi proclami continui, nel mio conto personale entreranno soltanto 2.500€. Tutto il resto, con tracciabilità pubblica, andrà a finanziare attività politiche nei territori e particolari iniziative del mondo della cultura e dell’impresa. Tutto nel segno della trasparenza: così la gente verificherà subito se compariranno rimborsi strampalati. Quello che in questi giorni è successo all’ARS e in altri Consigli Regionali in Italia, ha gettato discredito sulla politica onesta, in cui ancora credo. C’è ancora uno spazio politico e sociale per ridare speranza, se partiamo dalle esigenze dei territori e dalla politica onesta e capace.”

fonte: Castelbuono.org