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Scarpinato e Di Matteo in attesa della decisione del Pg Ciani. Sostegno da parte di cittadini e colleghi

In queste ore l'appello sottoscritto da oltre 400 magistrati italiani a sostegno del Procuratore generale della Repubblica di Caltanissetta Roberto Scarpinato in seguito all'apertura di una pratica a suo carico, sarà trasmesso al Consiglio Superiore della Magistratura. Forte è stata la risposta dei colleghi in poco più di una settimana dunque. Un appello che non lascio spazio ad interpretazioni e così conclude: "Il discorso di Roberto Scarpinato, a nostro parere, merita di essere diffuso nelle istituzioni e nelle scuole, tra i concittadini onesti ed impegnati. A titolo di merito per chi ha ricordato un pezzo della nostra storia con la credibilità del proprio passato. Come monito alle tante persone che si stanno formando una coscienza civile o a quelle che possono cedere alla tentazione della disillusione e come esortazione a tener sempre un comportamento esemplare ed onesto nell'interesse dello Stato democratico e costituzionale. Non si tratta di discutere solo della possibilità di un magistrato – dell'autorevolezza di Roberto Scarpinato – di esprimere le proprie opinioni con la ponderazione e lo scrupolo che derivano dalla delicata funzione svolta, ma anche di assicurare alla collettività italiana il congruo bagaglio cognitivo ed etico».

Come Scarpinato anche il pm di Palermo Antonino Di Matteo attende la decisione del Pg della cassazione sull'eventuale procedimento disciplinare a suo carico. Di Matteo è al centro della "polemica" nata in seguito alle dichiarazioni che ha rilasciato nei giorni scorsi a La Repubblica e nelle quali, avrebbe confermato l'esistenza di intercettazioni che "casualmente" coinvolgono il presidente Napolitano,  di telefonate fra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l'ex ministro Nicola Mancino. E proprio questo che il Pg Ciani ha chiesto al sostituto Mario Fresa di verificare, ovvero se Di Matteo abbia violato il "principio della riservatezza delle indagini" e se al contempo il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo lo abbia o meno autorizzato a rilasciare interviste a La Repubblica.  Di Matteo, alla richiesta della giornalista de La Repubblica di conferma se ci siano tra le intercettazioni anche conversazioni telefoniche tra l'ex ministro Mancino e Napolitano risponde "Negli atti depositati non c'è traccia di conversazioni con il capo dello Stato e questo significa che non sono minimamente rilevanti".

A "mettere in piazza" per primi la vicenda Mancino-Quirinale sono stati il settimanale Panorama e l'articolo del Il Fatto con l'intervista a consigliere giuridico del presidente della Repubblica, Loris D'Ambrosio (morto pochi giorni fa, ndr), in seguito ci saranno  le domande de La Repubblica rivolte al giudice Di Matteo e la conseguente apertura dell'indagine disciplinare. In merito, il capo della Dda Francesco Messineo ha risposto, inviando i chiarimenti richiesti al Pg della Cassazione, che "Gli argomenti di cui il sostituto procuratore ha parlato in un'intervista, non erano coperti da segreto e dunque non c'erano gli estremi dell'illecito".

Da analizzare sarebbero anche gli aspetti legati all'operato della stampa che su questa faccenda, come sempre, ha un ruolo rilevante. C'è Panorama che con le sue anticipazioni (avute come? Da chi? Che siano stati Di Matteo o Ingroia pare assai improbabile, per tanti motivi, uno tra tutti è evidentemente "ideologico") anticipa anche le "inquietudini" del Quirinale scrivendo dell'ipotesi che "siano state ascoltate anche le telefonate del presidente Giorgio Napolitano mentre parlava con persone intercettate come l'ex ministro dell'Interno ed ex presidente del Senato Nicola Mancino, indagato a Palermo per falsa testimonianza". Chiaro che fa più audience dare un taglio del genere  ad una notizia che non il puntare sul fatto che Mancino avrebbe chiesto a Napolitano di "intercedere" per lui. Fa più audience puntare sull'eventuale complicità del presidente Napolitano, che comunque è elemento marginale delle conversazioni telefoniche. Grandi penne come quelle di questo settimanale dovrebbero sapere che se si ascoltano le intercettazioni di un indagato è evidente che verrà ascoltato anche l'altro interlocutore. Se poi l'interlocutore è il Presidente della Repubblica i magistrati non possono are a meno che prenderne atto. Di fatto non è stato divulgato il contenuto di quelle intercettazioni (richiesto in seguito dall'avvocatura dello Stato).

C'è il quotidiano fondato da chi (Eugenio Scalfari) ha criticato aspramente l'operato dei magistrati di Palermo suq eusta faccenda, scrivendo anche che "Alcuni giornali conducono da tempo una campagna sul cosiddetto caso Mancino per mettere in difficoltà il Presidente della Repubblica", per poi però pubblicare le intercettazioni in cui viene fatto il nome di Napolitano e uscire in stampa con titoli come "E il Colle rassicurò Mancino..." , che tutto sembrano men che a difesa del Presidente. Come dire: quando la coerenza, cozza con il numero di copie da vendere.

La Repubblica fa riferimenti anche all'operato di alcuni giornali come il Fatto quindi. Il Fatto che nella sua intervista a D'ambrosio più volte punta su Napolitano, chiedendo espressamente cosa avesse detto o fatto il Presidente in seguito alle telefonate ricevute da Mancino. Almeno in questa intervista è evidente più l'interesse nei confronti dell'operato di Napolitano che non su Mancino che chiede "l'intervento" del presidente della Repubblica.

Pressioni su pressioni.

Il Fatto ha iniziato nei giorni scorsi una raccolta di firme a sostegno dei Magistrati arrivata a circa 106 mila adesioni. Petizione che da un lato sta invece attirando  polemiche, da parte sia di cittadini che comunque sostengono i magistrati di Palermo e di alcuni movimenti politici.