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Agenzia di Stampa Italpress
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  • TRAPANI (ITALPRESS) – A Trapani, la Polizia di Stato, su delega della Direzione Distrettuale di Palermo, titolare delle indagini, ha dato esecuzione a un provvedimento cautelare restrittivo nei confronti di 10 soggetti trapanesi, di cui 6 uomini e 4 donne, gravemente indiziati, a vario titolo, di appartenere a una associazione a delinquere dedita allo spaccio […]

Le banche che “strozzano” le imprese, la storia shock di Guido Agnello

 

Cosa vuol dire fare impresa, fare l'imprenditore? Quanto, nel corso distruttivo di un'economia stressata e violenta, questo fondamentale ruolo sociale è progressivamente diventato sinonimo di speculazione e speculatore? La verità è che si è perso il vero senso di fare impresa. L'imprenditore è colui che vive di un ego molto particolare, quello di creare. Di avere una buona idea, l'intuizione da cui costruire struttura e capacità produttiva. Qualcosa da tramandare che, piano piano, cresca fino a diventare autonoma perfino da se stesso. L'impresa per un imprenditore, degno di tale nome, è come un figlio o figlia che sia: nasce, cresce ,affronta le difficoltà, matura per poi poter affrontare il mercato trovando la propria strada evolutiva.
Lo speculatore è colui che vede e cerca solo il profitto, quel dio denaro che corrode e corrompe tutto e tutti. Struttura e capacità produttiva, dipendenti e macchinari non sono una diramazione di sé e delle proprie idee, ma meri strumenti per fare profitto, da sacrificare in qualsiasi momento in nome della speculazione finanziaria.

Una cosa è certa nel nostro paese per fare l'imprenditore ci vuole e c'è sempre voluto molto coraggio, perché si è "mosche bianche" in un mondo in cui la logica predominante resta quella speculativa. Massimo profitto minimo sforzo e se c'è da passare sul "cadavere di qualcuno" beh fa parte del gioco...

Ma si sa le idee, anche le migliori, oltre che delle gambe su cui camminare hanno anche necessità di risorse economiche su cui poter poggiare. Un imprenditore che investe del suo, oltre che in capacità, risorse economiche e tempo, può avere bisogno del credito bancario. Ma anche l'accesso al credito è un concetto di cui si è perso il reale significato. Il credito bancario in un sistema economico sano, dovrebbe essere fatto per agevolare la produzione di benessere generale derivante da una vera attività imprenditoriale. Ma è realmente così? Quali sono i presupposti per cui oggi una banca concede credito ad un'azienda? A quali condizioni lo fa? Ma sopratutto quanta libertà ha di revocare quanto prestato in qualsiasi momento? Per non parlare qualora si dovessero "sforare" i così detti tempi di rientro del debito, a che tassi d'interesse può richiedere la cifra prestata?

Il detto comune racchiude tutte le risposte ai molteplici interrogativi: " le banche prestano i soldi a chi già c'è li ha, a chi ha garanzie molto superiori a quanto si chiede e per i tassi d'interesse spesso ci si scontra contro percentuali, che se fossero applicabili al codice penale, si chiamerebbero: usura.

La storia che ci accingiamo a raccontare, trova i propri natali circa 20 anni fa, ma anche questo fa parte del gioco, la giustizia dal punto di vista del tempo non è certo di grande aiuto per chi vorrebbe difendere quantomeno i propri diritti ed eventualmente essere risarcito per un torto subito.

Il protagonista della nostra vicenda che, secondo l'ultima sentenza giudiziaria attesa a breve, potrebbe diventare l'emblema del contendere con il sistema bancario, incarnando l'epica battaglia di Davide contro Golia, è prima di tutto un Palermitano appassionato. Guido Agnello. Noto imprenditore siciliano che dagli anni 70 in poi ha sempre cercato di fare impresa con l'unica cosa che ad oggi nessuno è riuscito a copiarci: la Sicilia, la sua cultura, il proprio stile, valore sociale ed evocativo, uno dei primi a credere nel vero "Made in Sicily". Il tutto con una precisa volontà: quella di poter consegnare al mondo un'immagine nuova, diversa e positiva della propria terra, fuori dagli stereotipi, stringenti sopratutto in quei tremendi anni 90, in cui Sicilia voleva dire solo una cosa: Mafia. Ed ecco che le buone idee camminano... nel 1992, una delle sue storiche aziende, la Paradise, società già leader nel campo della moda, veniva scelta dal Consiglio d'Europa come modello di internazionalizzazione per la promozione del made in Sicily nel mondo. Così come in quegli stessi anni nasceva la Fondazione Palazzo Intelligente, sempre voluta da Guido Agnello e supportata dallo stesso Consiglio d'Europa. Fondazione che si proponeva di integrare il lavoro di operatori ed imprenditori siciliani per la promozione dei propri prodotti sui mercati internazionali con l'ausilio di supporti informatici e telematici. Idea che nei primi anni 90 era certamente da considerarsi pionieristica e che oggi è diventata la base per qualsiasi impresa.
Palermo sarebbe diventata con il progetto "Atelier del patrimonio storico" un centro culturale importante sul quale la Commissione Europea era pronta ad investire, un centro di formazione e informazione che poteva essere lanciato al livello internazionale...e tutti noi palermitani sappiamo quanto ne avrebbe avuto bisogno in quegli anni.

Un'attività imprenditoriale intensa e appassionata che arriva fino ai giorni nostri con due principali obiettivi: Lo sviluppo, valorizzazione e internazionalizzazione dell'artigianato e cultura locale, matrice imprenditoriale che trova uno dei suo tanti epiloghi con la creazione del marchio " La Coppola Storta". Anche qui con un preciso obbiettivo tramutare uno stereotipo negativo in qualcosa di bello e positivo. La Coppola " il copricapo usato per antonomasia dagli uomini d'onore" diventa un oggetto di moda esce dai propri schemi culturali e diventa simbolo positivo di una terra ricca e allegra, come può essere la Sicilia. Ecco che si delinea la storia di un uomo che ha avuto ed ha certamente delle idee e da quelle è riuscito a costruire qualcosa, con ottimi fatturati e innumerevoli riconoscimenti nazionali e internazionali.

Ma ecco che per crescere imprenditorialmente, sviluppare, crederci e generare legittimi profitti, occupazione diretta e indotto arriva il momento che bisogna "bussare" a una BANCA.

Uno degli Istituti Bancari con cui, già dagli albori della propria attività, lavorava Guido Agnello, era la BNL, la gloriosa Banca Nazionale del Lavoro, ma visto il giro d'affari delle proprie aziende certamente non l'unica. Infatti il clima bancario sulle aziende Agnello era molto più che positivo, fidi, scoperture, movimentazioni di liquidità, tutto secondo legge e in pieno rapporto di fiducia e bancabilità. Insomma Agnello era un imprenditore, come si dice in gergo, solvibile e perciò bancabile. Cosa testimoniata proprio dalle innumerevoli movimentazioni che le aziende operavano nei diversi conti, sempre onorate mai contestate, mai nessun intoppo.

Ma veniamo ai fatti: In questa pacifica routine proprio la BNL nel 1994 concede un fido all'imprenditore di 50 milioni di lire. Un'operazione di assoluta periodicità, visto i buoni rapporti con lo stesso. Dove, trattandosi di banche, vale la pena ricordare, buoni rapporti vuol dire che Agnello era considerato un imprenditore affidabile e solvibile. Ma qualcosa all'improvviso cambia. Cambiati i vertici direzionali locali della BNL dall'oggi al domani e senza alcuna motivazione contestuale a Guido Agnello gli viene chiesto il "rientro IMMEDIATO del fido concesso". 50 milioni oggi per domani... L'imprenditore non capisce, ma sa che il sistema bancario è una lobi collegata a stretto giro. Avere problemi con una banca blocca di fatto tutto il sistema creditizio anche con gli altri istituti con cui si hanno rapporti. Così incontrati i nuovi vertici della banca, non senza disappunto, Agnello stabilisce un piano di rientro per i 50 milioni. 20 subito, la restante parte secondo un piano di ammortamento concordato. Tutto sembra andare "per il verso giusto".

Ma ecco che la BNL dopo avere ricevuto, come da accordi, i primi 20 milioni, in baffo all'intesa raggiunta, mette in mora l'imprenditore e avvia il procedimento di ingiunzione di pagamento per l'intera cifra senza neanche calcolare il primo acconto versato. L'imprenditore si sente preso in giro e come si dice in questi casi "strozzato" dalla banca e decide di fare opposizione al decreto ingiuntivo promosso dalla BNL. La banca con i suoi buoni uffici legali, pur acclarando il rispetto degli accordi e il relativo versamento immediato di 20 milioni da parte di Agnello ottiene un decreto provvisoriamente esecutivo per il debito. Ed ecco che l'effetto lobi entra dirompente nella vita imprenditoriale di chi fa impresa. Decreto ingiuntivo, segnalazione in centrale rischi, tutte le banche che avevano rapporti con Agnello si chiudono a riccio chiedendogli l'immediato rientro di tutti gli altri fidi concessi. Di fatto stringendo il cappio messogli al collo dalla BNL.

Da li a breve iniziano a fioccare altri decreti ingiuntivi da parte degli altri istituti bancari con cui Agnello lavorava da sempre, decreti che sommati tra di loro espongono a una cifra a cui è impossibile fare fronte dall'oggi al domani, visto che nell'impresa esiste un piano di ammortamento dei propri debiti e investimenti. Così, il blindato sistema bancario oltre a stringere il cappio da anche un bel "calcio" allo sgabello in cui era in equilibrio, suo malgrado, Guido Agnello. Visto che l'imprenditore ovviamente non poteva fare fronte al rientro di tutte le scoperture contemporaneamente, le Banche non perdono tempo e arriva il pignoramento dei beni dati in garanzia fideussoria per i fidi concessi, sia dello stesso Agnello che della moglie.

Ecco che le banche a pancia piena sono soddisfatte, senza considerare che di fatto senza credito bancario, senza disponibilità dei propri beni, si è voluta impiccare un'impresa che fino a quel momento era stata considerata sana e affidabile. Dove impresa vuol dire, imprenditore, lavoro e lavoratori... ma questo al sistema bancario non è mai interessato e anche oggi la situazione non sembra essere migliorata, basta parlare con qualsiasi "incosciente" che ha deciso di fare impresa nel nostro paese per ricevere la medesima risposta: " le banche ci stanno facendo chiudere"

Ma la storia non finisce qui. Dopo tre anni dall'opposizione fatta al decreto ingiuntivo della BNL che di fatto ha generato l'effetto domino distruggente, il Giudice che aveva in carico l'analisi dell'opposizione fatta dall'imprenditore, da ragione ad Agnello e revoca il decreto ingiuntivo della BNL. Dopo tre anni... il danno è fatto un'azienda non può sopravvivere tre anni in una morsa del genere. Ma ciò che è ancora più grave e che la revoca del decreto ingiuntivo della BNL (non restituisce l'ipoteca) da parte del giudice non bloccò la tragica rutine dei ricorsi e dei contro ricorsi, ed infatti sono dovuti trascorrere ben 13 anni dall'inizio – 1995 2008- prima che si arrivasse ad una sentenza da parte del Tribunale di Palermo divenuta irreversibile in cui viene sancita la grave scorrettezza perpetuata dalla BNL ai danni delle imprese di Guido Agnello.
Agnello non si da per vinto, sa di essere nel giusto, e nel 2012 con l'appoggio dell'Adusbef e della Stampa Estera di Roma, che ha messo gratuitamente a disposizione la propria sede, organizza una conferenza stampa per raccontare la sua storia. In quell'occasione di discussione e dibattito sui rapporti tra impresa e banche partecipa anche il noto avvocato Alfredo Galasso che da quel giorno decide di assistere legalmente Agnello in quella che si presenza senz'altro come una battaglia impari.
Dopo due udienze il giudice assegnato letti gli atti e sciolta la riserva assunta all'udienza del 7 luglio 2014, acclara che: "ritenuto che, alla luce della complessiva documentazione prodotta, la causa è matura per la decisione".
Se da un lato il primo "paletto" sembra essere ben piantato nel terreno dei diritti, dall'altro la giustizia con i sui tempi, per il calcolo dei danni subiti dall'imprenditore e la precisazione delle conclusioni fissa udienza per il 15 giugno 2015, cioè dopo un altro lunghissimo anno. È certamente che tutte le battaglie "epiche" hanno tempi prolissi, ma nella letteratura è una cosa nella vita reale ben altra.

Una vicenda quella di Agnello persa nel tempo ma mai così attuale. Testimonianza dello scollamento tra due fondamentali forze che dovrebbero tenere in piedi il nostro paese. Gli imprenditori, degni di tale nome, e il sistema creditizio. Proprio a quest'ultimo a cui forse, si dovrebbe impedire di mettere una cappio intorno al collo di chi fa impresa e stringerlo a proprio piacimento, oggi il nostro sistema economico definisce e chiarisce molto bene tutte le garanzie di cui gli istituti di credito godono, meno quelle delle persone a cui ad essi si rivolgono... anche quando la giustizia acclara un torto subito. Resta il fatto che nonostante 18 anni d'attesa la prossima sentenza Agenllo - BNL potrebbe segnare una pietra miliare nell'impari battaglia e come lo stesso Agnello dice:
"Si racconta che Davide vinse il gigante Golia armato solo di coraggio e di una fionda, io combatto il gigante bancario armato di perseveranza e prove schiaccianti forte dei miei diritti in più sia io che Davide siamo dalla parte della ragione."

Resta chiaro che ognuna delle parti dovrà dimostrare le proprie ragioni alla prossima conclusiva udienza, dove la BNL, come dichiarato più volte dai propri legalispecifica  che è certa di essere nel giusto. Nel pieno rispetto delle parti e della magistratura l'ultima parola spetta al Giudice

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