Le soluzioni alternative per uscire dalla crisi e già sperimentate altrove (parte prima)

debito

Gianni è tornato al bar, le discussioni sul signoraggio non lo hanno convinto molto, ma l'ultima analisi di come il signoraggio riesca a spiegare i meccanismi dell'ultima crisi economica lo hanno interessato, al punto da presentarsi davanti Luca e noi con un piccolo faldone. Se pensate di avere scoperto chissà quali grandi segreti, eccovi qua l'esempio di due paesi che hanno affrontato una crisi sistemica e sono già usciti dalla crisi. Argentina e Islanda erano in condizini peggiori delle nostre, ma non hanno fatto la fine della Grecia, secondo voi perché?

Luca non si fa prendere in contropiede e risponde a tono all'amico: probabilmente perché hanno sganciato la loro moneta dalla parità con il dollaro e sono ritornati a poter esportare qualcosa...vi ricorda qualcosa? Qual è quel paese che tramite una moneta unica costringe gli altri stati ad avere una parità forzosa per limitare le esportazioni?

Gianni sorride, siamo arrivati al punto. La Germania ha imposto ai paesi dell'area euro un tasso di cambio fisso per entrare nell'area euro, rendendo la moneta unica europea impossibile da deprezzare. In questo modo, le esportazioni verso gli USA sono più complicate ed i mercati preferiscono trattare in valuta europea per trarre maggiore profitto. Se consideriamo che l'economia tedesca riesce ad avere tassi di crescita economica tra il 2% ed il 3% a dispetto della crisi, ci accorgiamo che gran parte del suo successo economico dipende dal peso delle esportazioni che la Germania riesce a piazzare all'interno dei mercati europei. Ma torniamo all'Argentina.

Da uno dei diversi studi fatti su come l'Argentina è riuscita a superare una crisi economica paragonabile a quella greca fino ad entrare di diritto nel G20, leggiamo che
il settore pubblico, da parte sua, era caduto in una spirale debitoria che lo costringeva, pur di corrispondere agli oneri associati al debito pregresso in assenza di entrate fiscali adeguate, ad indebitarsi ulteriormente ed a tassi di interesse sempre maggiori, indotti dal contesto internazionale e dalla volontà del governo di attirare potenziali creditori.
Non solo, ma il Fondo Monetario Internazionale sospese gli aiuti all'Argentina perché non raggiunse gli obiettivi di politica economica concordati con il governo, esattamente come la Grecia.

Proseguendo nell'analisi proposta nella sua tesi dal dott. Angelo Michele Piedimonte, le autorità argentine riuscirono nel giro di due anni ad uscire dalla crisi nera del 2011 tramite la pesificazione del sistema economico trattando in modo asimmetrico i debiti ed i crediti del sistema finanziario, liberando i depositi bancari bloccati e concentrando un periodo di stabilità politica ed istituzionale. In particolare l'Argentina vietò il ritiro dei depositi bancari verso la fine del 2011 e stipulò un calendario certo entro il quale i cittadini avrebbero avuto accesso al credito per far ripartire l'economia nazionale nel febbraio del 2002. Altra misura per evitare di far fuggire capitali all'estero fu quello di sostituire i depositi rimasti in buoni del tesoro (equivalente dei nostri BOT) ripagati poi nella fase nominata Canje 2.

Se l'esempio argentino non vi basta, esiste un paese europeo che ha recentemente operato una scelta radicale, diventando un esempio per i gruppi di Indignados in tutto il mondo e per i cosiddetti "Draghi Ribelli", ovvero il gruppo che contesta la politica economica del presidente della BCE. Stiamo parlando dell'Islanda.

L'Islanda è stata insieme all'Irlanda uno dei paesi maggiormente colpiti dalla crisi dei mutui subprime del 2008 e della crisi finanziaria del 2011, quando si scoprì che la Banca Centrale Islandese, tramite le banche private che la compongono (ecco perché Gianni sbuffa mentre ribadiamo il concetto) era piena di titoli tossici, ovvero di titoli che non solo non generavano alcun guadagno, ma generavano la richiesta di ulteriore moneta liquida. La patria del liberismo puro si trovò sul lastrico. Il debito estero delle banche svaluto dell'85% la corona islandese e l'Unione Europea ed il Fondo Monetario Internazionale imposero al governo di spalmare i debiti delle banche sulla popolazione. Gli islandesi, con presidi costanti fecero cadere il governo ed imposero ai politici eletti di rifiutare il debito privato causato dalle banche.

Si trattava di pagare qualcosa come 100 euro al mese per ogni singolo abitante per 15 anni e la popolazione trovò un insperato supporto da parte del presidente della Repubblica, Ólafur Ragnar Grímsson che rifiutò di firmare la legge che gli fu presentata diverse volte dal governo precedente. Non solo, ma la First Lady scese in piazza tra i manifestanti asserragliati davanti il Parlamento. La Gran Bretagna minacciò persino di usare le norme antiterrorismo, se gli islandesi non avessero pagato i loro debiti ma il referendum popolare indetto per decidere definitivamente se pagare o meno il debito delle banche ebbe un esito impressionante. I banchieri responsabili dovettero scappare dall'Islanda e il presidente della Banca Centrale Islandese fu indagato dall'Interpol per i suoi rapporti con le banche estere che hanno causato la crisi economica islandese.

La soluzione? Semplice, restituire alle istituzioni un peso politico, sganciarle dai loro legami troppo stretti con il mondo finanziario e restituire ai popoli il proprio potere di autodeterminazione. Gianni ci guarda con stupore. Ora che ci penso, c'è un caso ancora più strano e poco noto, riguarda uno stato americano che non appartiene alla Federal Reserve...

Continua...