La versione del primo testimone, il colonnello Sergio Bonifacio

atlanticQuesta sezione della nostra inchiesta sulla strage di Ustica è stata finalmente inserita negli atti giudiziairi che compongono il processo d'appello. Noi qui intendiamo dare un ulteriore quadro della vicenda. Sono passati pochi minuti dalla collissione e dall'ammaraggio del DC9 dell'Itavia. Sul posto, giunge il colonello Sergio Bonifacio, il quale a poche ore dal ma è ammarato e si è inabissato con i suoi passeggeri dopo 13 terribili ore di agonia. Ho visto riaffiorare 40 cadaveri uno dopo l'altro, e questo significa che l'aereo stava affondando in quel momento.

Oggi colonnello in congedo dell’Aeronautica della marina militare, Sergio Bonifacio nel 1980 era tenente di vascello. Comandava un Bréguet Atlantic, un aereo sofisticatissimo usato per la caccia ai sommergibili. La notte di Ustica si alzò in volo alle 3 del mattino dalla base di Elmas (Cagliari) con il suo vice Alessandro Bigazzi e altri 12 uomini di equipaggio. Fu il primo a giungere sul luogo del disastro: Perché tutti i velivoli di soccorso erano stati mandati sulla rotta Ponza-Palermo. L’unico a dover perlustrare l’area dell’ultimo punto di riporto, un terzo sopra il punto Condor e due terzi sotto, ero io», precisa. «Poco dopo le 9 ho visto affiorare il primo cadavere. Poi in successione ne sono riemersi una quarantina, tutti nella stessa posizione. Li ho marcati uno per uno con i candelotti al fosforo per consentirne il recupero alle navi che sopraggiungevano.

II Dc 9 in quel momento stava affondando, non era oltre i 50-70 metri di profondità, altrimenti quei corpi sarebbero finiti sul fondale marino, non sarebbero tornati a galla. Quindi l’aereo dell’Itavia affondava lentamente ancora 12 ore dopo la caduta. Vuol dire che era rimasto a galla per tutta la notte. Al massimo poteva avere una falla. Se fosse stato colpito da un missile o fosse esploso a 7 mila metri di altezza tutto questo non sarebbe potuto succedere. Ed ecco che Cossiga, pochi anni prima della morte, ribadisce come il Dc 9 è stato abbattuto da un missile a risonanza, non a impatto. Un missile che non ha fatto esplodere l’aereo, ma che può aver provocato un’avaria grave, con danni irreparabili a tutti i circuiti elettrici, consentendo al pilota di governarlo e di farlo planare. Certo l’ammaraggio non è stato morbido. Se si impatta sul mare a 270 km all’ora, l’acqua è una lastra di cemento. Ecco perché quasi tutti i corpi recuperati avevano una profonda ferita al ventre. È stata provocata dalla cintura di sicurezza. Ecco perché erano tutti senza scarpe: il comandante li aveva avvertiti che stavano ammarando.

Il rapporto di volo (numero 113/80, redatto e consegnato da Bonifacio lo stesso 28 giugno al Comando del 30° stormo di base a Elmas), è stato ignorato per 9 anni. Mi chiedevo: come mai colui che è giunto per primo sul luogo del disastro e che ha visto riaffiorare i cadaveri, non viene sentito? Forse del mio rapporto non sanno nulla, pensavo. Ne parlai con l’ammiraglio Pizzarelli, membro della commissione Pratis. Mi fece capire che il mio rapporto non era fra i documenti in loro possesso. L’ammiraglio lo verificò parlandone con il mio copilota, che gli confermò tutto. Fui interrogato per la prima volta il 25 ottobre 1989 dal Procuratore militare di Cagliari. Due mesi dopo mi convocò il giudice Bucarelli che mi congedò dicendomi: “Tutto torna, Bonifacio”». Poi l’ufficiale è stato interrogato anche dal giudice Rosario Priore e dai membri di diverse commissioni d’inchiesta. E lui e gli altri 13 membri dell’equipaggio hanno sempre ripetuto le stesse cose. Non c’è una sbavatura nelle 14 dichiarazioni. 28 occhi quella mattina hanno visto riaffiorare i primi cadaveri dell’aereo dell’Itavia dopo le 9 del mattino.

 

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