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Agenzia di Stampa Italpress
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''Ne bis in idem'' per Totò Cuffaro. Prosciolto dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa

E' arrivata pochi attimi fa la sentenza d'Appello che proscioglie l'ex presidente della regione siciliana Totò Cuffaro a per concorso esterno in associazione mafiosa. E' stato ribadito dalla corte d'Appello presieduta da Biagio Insacco,  il "Ne bis in idem", cioè non giudicabile per due volte per la medesima accusa,formula con cui le richieste dell'accusa erano già state respinte in primo grado. La procura era però ricorsa  in appello, ritenendo invece che ci fossero nuove prove a dimostrare un ruolo "duraturo e consapevole di sostegno a Cosa Nostra nell'arco di tutta la carriera politica dell'ex Presidente della Regione Sicilia".

Cuffaro sta scontando già 7 anni di carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra . Il procuratore generale Luigi Patronaggio al termine della requisitoria oggi aveva chiesto la condanna a 13 anni. "Il tradimento di Cuffaro, uomo delle istituzioni, ai danni dello Stato è di una gravità inaudita. L'ex governatore non era uno sprovveduto e il suo apporto a Cosa nostra fu volontario e consapevole". Erano state le parole del pg in uno dei passi della requisitoria.

Patronaggio aveva sempre sostenuto che Cuffaro avesse divulgato notizie riservate per agevolare l'esistenza di Cosa nostra, per evitare la cattura di boss come Provenzano e Messina Denaro, per permettere alla cosca di Villabate di sottrarsi alle indagini. E aveva inoltre parlato di una rete creata da Cuffaro con entrature "a Roma, in procura e nei carabinieri".

Un breve resoconto: Nel settembre del 2005, Cuffaro viene rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato alla mafia e rivelazione di notizie coperte da segreto istruttorio. Secondo gli inquirenti avrebbe informato il boss di Bracaccio Giuseppe Guttadauro e l'imprenditore Michele Aiello indagato per associazione mafiosa, di notizie riservate su indagini in corso che li coinvolgevano. Questo grazie all'aiuto di Antonio Borzacchelli e Mimmo Miceli, ai tempi assessore comunale alla Sanità e agli Interventi abitativi e grazie alle talpe presenti in Procura. Cuffaro avrebbe inoltre informato il boss della presenza di microspie nella sua abitazione.

Il 18 gennaio 2008 Cuffaro viene dichiarato colpevole di favoreggiamento semplice nel processo di primo grado per le 'talpe" alla Dda di Palermo. La sentenza di primo grado condanna Cuffaro a 5 anni di reclusione nonché all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

L'anno seguente, arriva una nuova accusa da parte del pentito Gaspare Romano, condannato per favoreggiamento a Giovanni Brusca, che indica Cuffaro come presente ad un pranzo con Emanuele Brusca(fratello di Giovanni Brusca) e Santino Di Matteo, uno degli assassini del giudice Falcone. Viene raggiunto nello stesso periodo da un avviso di conclusione di indagini. Il 23 gennaio del 2012 la Corte D'appello condannerà Cuffaro a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato, di cui un anno  e mezzo già scontato nel carcere romano di Rebibbia.

Il resto è storia nota.