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Agenzia di Stampa Italpress
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Su Biagio Conte una riflessione fuori dal coro...

Ho voluto attendere parecchi giorni, per scansare la facile retorica, prima di esprimere alcune considerazioni, forse fuori dal coro, sulla scelta di Biagio Conte di lasciare Palermo e le sue attività di assistenza ai diseredati. Una scelta, ha dichiarato, dettata dall'impossibilità di proseguire oltre, dal senso di solitudine per l'insensibilità mostrata dalle istituzioni, in particolare da Regione e Comune. Sommerso dai debiti, dalle cartelle esattoriali e dalle bollette fratello Biagio ha mollato tutto e si è ritirato chissà su quale monte, lasciando i suoi poveri nello sgomento. Certo, immagino l'assillo del dubbio che lo avrà martoriato perché, lui lo sa perfettamente, non si fa dipendere la vocazione alla donazione totale di sé dal comportamento degli altri, tanto meno delle istituzioni. Però, avrà opportunamente pensato, è utile dare un brusco scossone agli inquilini dei palazzi del potere, adesso ipocritamente costernati. In effetti, finalmente si sono mossi ed è stato costituito un tavolo in prefettura per stabilire come aiutarlo. Ben venga il tavolo. Domando, basta così? La vicenda di fratello Biagio, a mio parere, mette in luce un tema su cui vale la pena soffermarsi. Il senza casa, il senza cibo, il senza vestiario, il senza istruzione, insomma il senza i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, non può accontentarsi di una semplice ed estemporanea azione di soccorso da parte dello Stato, nella sua accezione più ampia, a chi provvede ad asciugare le lacrime dei cosiddetti ultimi con le armi dell'amore di Dio. Le istituzioni non sono chiamate alla carità, un equivoco pericoloso per le sue possibili conseguenze, né a fare tavoli per mettersi la coscienza a posto o per reagire al clamore mediatico del momento, piuttosto a operare in modo strutturale e sistematico per eliminare, o almeno fortemente ridurre, le cause profonde della povertà, del degrado sociale, del divario scandaloso tra chi ha troppo e chi troppo poco. Probabilmente i poveri esisteranno sempre, misura fisica, direi carnale, delle ingiustizie presenti in ogni tempo e angolo della Terra, delle diseguaglianze, dello sfruttamento, della mancanza di lavoro e di adeguati servizi sociali di sussistenza. Guai, però, a non considerare la differenza sostanziale che passa tra una realtà in cui la politica e le istituzioni tentano di dare risposte serie al disagio, all'emarginazione, alle istanze di una maggiore perequazione sociale, e quelle in cui nel migliore dei casi la politica e le istituzioni latitano distratte, affaccendate in risse, rimpasti e trattative finalizzate alla conservazione di posizioni e privilegi, incuranti dei drammi che colpiscono giovani, imprese e famiglie alle prese con una crisi economica e occupazionale devastante. La prima conseguenza di una politica assente o, peggio, cattiva, è l'aumento esponenziale di vaste aree di sofferenza e l'insorgere di nuove forme di bisogno in segmenti della società che sembravano tranquille e al sicuro. Ovvio, in tale desolante contesto, che gli angeli della carità da soli non ce la possano fare. In verità, noi non possiamo accettare che i tanti Biagio Conte delle nostre città svolgano per sempre una sorta spropositata di supplenza a ragione delle gravi e persistenti omissioni delle istituzioni. Allora, aiutiamo si con forza fratello Biagio, mettiamolo in condizione di tornare, facciamogli sentire la nostra solidarietà, ma non dimentichiamo, con la stessa forza, di pretendere dalla politica, dai partiti, che lavorino esclusivamente per il bene comune, con meno tavoli specifici e più interventi di valenza generale, combattendo a monte le cause della povertà e assicurando, nel frattempo, è un loro dovere, i servizi sociali essenziali alle fasce più deboli.

Pippo Russo