Qualcuno ha scritto ''Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio''

 

Danilo ManiscalcoE parliamone di questo "villaggio", si chiama Palermo, possiede una storia gloriosa alle spalle, fatta di continui passaggi, dominazioni, promesse ed opportunità raramente raccolte, e sedimentate in forma di monumenti o spesso tracce disperse, tracce di pietra. Possiede un presente tragicamente stagnante nell'indifferenza di una comunità di intellettuali silenti e di amministratori apparentemente impotenti, un futuro che non possiede basi importanti di sviluppo socio-economico, capaci di attrarre i capitali necessari per dar respiro creando sviluppo tangibile.

La novità è che questo "villaggio locale" proprio perché non possiede un futuro programmato, possiede a differenza di altre realtà locali, la grandissima opportunità di crearselo quasi come un barthesiano "grado zero", recuperando ad esempio lo straordinario patrimonio culturale esistente ma latente in chiave di attrazione culturale nei confronti dell'intero "pianeta turismo" unitamente all'utilizzo delle più recenti tecnologie in campo di sostenibilità ambientale, il fulcro di ogni futuro plausibile.
Ed immediatamente penso alla possibilità di creare sviluppo e dunque lavoro, immaginando da subito per esempio due importanti percorsi tematici capaci di rappresentare l'immagine di questo vecchio-nuovoPalazzo Abatellis, Palermo villaggio, come fossero il biglietto da visita più prezioso da consegnare nel brevissimo tempo a quanti verranno a visitar come fece Goethe, la Sicilia.

Non vi sembri strano che quanto sto per scrivere cerchi di valorizzare il lavoro, di due grandi architetti casualmente presenti in questa città, in momenti assai diversi ma al momento giusto, perché il mondo visibile da loro creato è oggi quasi più presente nell'immaginario extra-cittadino che in quello dei residenti che forse solo risiedono.
Parlo di Ernesto Basile(1857-1932) indiscusso protagonista del Liberty e del Modernismo Europeo del primo Novecento, capace di dar voce con progetti di pietra al sentire dell'illuminata borghesia dei Florio e di Carlo Scarpa( 1906-1978), raffinato poeta della materia, maestro di tanti maestri, intellettuale di respiro internazionale, ed è proprio da quest'ultimo che vorrei cominciare.
Scarpa, che arriva in Sicilia, grazie alla lungimiranza di Roberto Calandra e all'amore personale nei confronti di "Antonello da Messina" per realizzare l'allestimento nel 1952 a Messina per la mostra del talento primo rinascimentale, verrà coinvolto dallo stesso Calandra a distanza di circa vent'anni, lasciando a Palermo due gioielli universalmente riconosciuti e ancora studiati nelle università di mezzo mondo, nel 1953-54 curando e realizzando l'allestimento in tempi record del cinquecentesco palazzo Abatellis, e nel 1972-78 firmando in uno straordinario lavoro di equipe, il restauro dello Steri, attuale e prestigiosa sede del rettorato palermitano.

All'Abatellis scarpa giunge quando può, data l'intensa attività accademica e progettuale soprattutto nel veneto, dopo lunghi viaggi in treno, disegna su muri e pannelli deliziosi particolari costruttivi che serviranno in sua assenza alle maestranze locali, sempre con la sua matita dalla punta sempre temperata, sceglie materiali nuovi per l'ambito museografico di allora (metallo e calcestruzzo) a cui è capace di donare significati potenti ed innovativi, si confronta con il maestro del Quattrocentesco Trionfo della morte, dipinto che è troppo grande per la parete cui è destinato e che farà coraggiosamente scavare, con Francesco Laurana ed ancora Antonello in un rapporto così intenso, loquace e brillante che l'Annunziata e l'Eleonora d'Aragona dietro i pannelli lignei e sul suo piedistallo infisso nel liscio pavimento delle sale dell'ex-monastero, non saranno più la stesse. Sarà così importante l'Abatellis di Scarpa per la museografia nazionale ed oltre da condizionare i futuri linguaggi di settore per oltre mezzo secolo, dimostrandosi come una lezione insuperata ancora oggi.

Allo steri ridotto in rovine ed alterato da imponenti superfetazioni Scarpa e Calandra portano la luce del mediterraneo più lontano ed i colori degli stucchi lucidi del veneto De Luigi, la teoria del restauro di Cesare Brandi diviene qui tangibile e fruibile segno, il design, oggi purtroppo per ambiti perduto, entra nel castello dell'inquisizione chiaramontana, i marmi voluti da Scarpa per la corte e per la scala dell'ingresso su piazza marina parlano il linguaggio più contemporaneo degli ultimi quarant'anni se rapportati al contesto in cui sorgono. Insieme al pittore Fabrizio Clerici, Scarpa e Calandra immaginano di posizionare la grande tela dell'eterna Vucciria di Renato Guttuso nella stanza del prorettore,per le lunghe lunghe attese, lasciano bifore e trifore schermate da elegantissime finestre in legno, riempono di legno di Iroko i quadrati del fitto retinato metallico che disegna oggi il fronte principale traguardando la bellezza dei secolari ficus che stanno dentro il giardino romantico disegnato dal padre di Ernesto, Giovan Battista Basile.

Ennesimo trionfo che il maestro veneziano non vedrà purtroppo compiuto data la sua prematura scomparsa in Giappone, elemento quest'ultimo che ci lega alla figura di primo piano di Ernesto Basile scomparso al tramonto dell'epopea dei Florio a 75 anni.
Non serve che mi dilunghi ma credo sia doveroso ricordare che il patrimonio edilizio di altissima qualità costruito dal poliedrico maestro palermitano all'interno del territorio urbano, e giunto malgrado i crimini dei pessimi politici locali, i soliti Lima e Ciancimino (Villa Deliella a piazza Croci su tutti) spazia per tipologie (le scuole, i sanatori dell'odierno ospedale Cervello e di Villa Igiea che diverrà hotel, palazzi e ville, monumenti, il Banco di Sicilia, stand e cappelle funerarie) ritrovandosi come fosse prezioso mosaico di un discorso più ampio i cui tasselli sono disseminati come a disegnare una costellazione di bellezza composta e rigorosamente rispondente ai disegni calibrati sapientemente dal sentire dell'autore.

Ecco, all'interno della fortunata produzione basiliana, perché non cominciare dai due gioielli poco distanti l'uno dall'altra, mi riferisco al Villino Florio nella scomparsa olivuzza, ed alla casa studio dell'architetto, il Villino Basile in Via Siracusa, entrambi disabitati e direi diseredati e silenti case della nostra cultura locale invidiata nel resto del mondo cosciente, ma non qui? Perché non metterli in rete, farle diventare interamente fruibili, appetibili al turismo di massa, centri culturali nel cuore della città novecentesca, che siano capaci di narrare la nostra storia di villaggio locale, divenendo il "nuovo museo del Liberty" il primo, ed il secondo il "Centro Ernesto Basile" riversando qui a cento passi dalla via Libertà la dotazione Basile, composta dall'universale bellezza dei disegni eseguiti a mano dal Basile e dai tanti suoi allievi, coloratissimi e vibranti come lo erano i templi della magna Grecia, dalle prospettive eccezionali ed ispirate, tutte opere capaci di continuare a commuovere?

Tutto ciò a costo prossimo allo zero, quasi lo stesso zero del "grado zero di Roland Barthes", potrebbe avvenire con i due gioielli scarpiani di via Alloro e Piazza Marina. Perché non proporre alla stessa maniera l'itinerario Scarpiano tra l'Abatellis e lo Steri, magari serale, facendoci portare per mano dall'autore stesso, a visitare dall'Annunziata di Antonello alla Vucciria di Guttuso? Arriverebbe il mondo dopo una settimana dall'annuncio ufficiale!
Si, li immagino così, monumentali gioielli che aspettano solo di tornare a risplendere della linfa vitale che è fatta di persone, aperti e fruibili, anche le sere, ai cittadini residenti come al fiume di turisti che oggi viene qui a trovare la spazzatura per le strade e tristi scippatori tornati dall'oblio, gli stessi turisti che poi vanno nella Parigi di Eiffel vergognandosi se non riescono a veder il Louvre o la Gare d'Orsey, che vanno a due passi da casa nostra, a Barcellona e tornando a casa raccontano a tutti con decine e decine di foto, di quell'ingegnere parigino, e di quell'architetto visionario e geniale, Antoni Gaudì che ha disseminato di gioielli prestigiosi tutta la città, Casa Milà e Batlò a Passeg de Gracia, Il Parco Guell, e quella chiesa non-finita la Sagrada Familia, così come hanno fatto in tempi più fortunati dei nostri, Ernesto Basile e Carlo Scarpa, ma i turisti questo non lo sapranno mai se noi non glielo raccontiamo!
Basta forse solo il pensiero per avere una nuova immagine di peso mondiale e creare al contempo sviluppo e lavoro pulito.

Sindaco, dove sei? Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio, ma fallo anche evolvere verso orizzonti culturali all'altezza del suo glorioso passato, così, verso un futuro che sia speranza, e a costi davvero irrisori.

Il futuro dei nostri figli, parte dal passato dei nostri padri, ma rischia di fermarsi nel nostro presente se "le legioni del buon senso" non si faranno avanti!

Al nostro sindaco, con attesa e stima,


Danilo Maniscalco

*- componente della commissione di architettura biosostenibile dell' ordine degli architetti paesaggisti pianificatori e conservatori della provincia di Palermo.