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Palermo: va bene il gioco, ma per la salvezza servono i gol

 

Perdere dopo non aver concesso nulla al tuo avversario brucia. Se il tu avversario si chiama Inter, poi, e il gol da tre punti è in realtà un'autorete, brucia ancora di più. La sconfitta maturata dal Palermo ieri pomeriggio a San Siro ha lasciato l'amaro in bocca sia alla squadra che ai tifosi. E perché no, anche a noi addetti ai lavori che pensavamo di poter commentare un pareggio equo e più che mai giustificato dalla prestazione tatticamente perfetta fornita della squadra di Gian Piero Gasperini.

 

Tuttavia, la trasferta di Milano - e ancora prima quelle di Bologna, Roma, Siena, e così via - ha portato alla luce un dato incontrovertibile: il Palermo fuori casa non segna. Sono i numeri a dirlo. Nelle otto trasferte disputate finora, infatti, i rosanero hanno realizzato solamente due reti, subendone 14. Peggio ha fatto solo il fanalino di coda Pescara, indiscutibilmente la squadra tecnicamente meno attrezzata per la massima serie. I risultati ottenuti fin qui, peraltro, denotano un pericoloso peggioramento rispetto allo scorso campionato, quando il Palermo riuscì a segnare lontano dal Renzo Barbera 14 reti in 38 partite.

L'elemento contrastante con il quadro appena descritto riguarda la mole di gioco prodotta dalla squadra, apparsa davvero impalpabile solo nello sciagurato 4-1 dell'Olimpico contro la Roma. Dall'arrivo di Gasperini, infatti, i rosanero hanno sempre dato l'impressione di aver trovato nel 3-4-2-1 il giusto equilibrio tra solidità difensiva e spinta offensiva. Tuttavia, troppo spesso le azioni d'attacco si sono scontrate con la scarsa mobilità degli interpreti, abituati a ricevere palla tra i piedi e poco inclini ad attaccare gli spazi. Se a questo aggiungiamo i tanti errori commessi negli ultimi 16 metri dai giocatori che dovrebbero illuminare la manovra, allora la frittata è completa.

Hanno ragione Gasperini e Lo Monaco: manca la concretezza, pregio che spesso e volentieri fa rima con qualità. Per colmare questa lacuna occorrerà scandagliare in maniera certosina il mercato di gennaio, pescando le carte giuste dal mazzo delle possibilità. Perché è corretto allontanare una volta per tutte qualsiasi velleità di alta classifica, ma la sensazione è che manchi poco per trasformare una stagione da pecore in una annata da leoni. E per conquistare la salvezza senza troppi affanni non servono i belati dei mediocri, ma i ruggiti dei campioni.