News Sicilia

Agenzia di Stampa Italpress
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  • NEW YORK (ITALPRESS) – Quest’anno anche New York rende omaggio a Santa Rosalia, patrona della città di Palermo. Perchè per la “Santuzza”, simbolo di rinascita e speranza, non è un anno come tutti gli altri: nel 2024 ricorre il quattrocentesimo anniversario del ritrovamento delle sue reliquie miracolose. Nella Grande Mela sono stati due giorni di […]

  • PALERMO (ITALPRESS) – “Come creare una strategia di marketing efficace con l’Intelligenza Artificiale”, è il tema del webinar formativo gratuito, promosso dal Punto Impresa digitale della Camera di Commercio Palermo ed Enna che si svolgerà lunedì prossimo, alle 10. Durante il webinar verranno illustrati gli strumenti di Intelligenza Artificiale più utili per il marketing, ma […]

Fuga dal Consumismo

La sindrome da acquisto compulsivo è un disturbo ossessivo che indica il desiderio irrefrenabile di fare acquisti, È noto anche con il termine oniomania (dal greco onios = "in vendita," mania = follia) termine coniato nel tardo diciannovesimo secolo, dallo psichiatra tedesco Emili Kraepelin. Iniziare un articolo citando una patologia è senz’altro un difficoltoso approccio con la realtà ma dovendo parlare del consumismo noi parliamo già di una realtà malata, perché il termine consumismo col suo ismo finale, che ci ricorda estremismo, esibizionismo, opportunismo etc, etc, è già di per se una parola che esprime un processo patologico. Da non confondere certo con il consumare e il comprare azioni che, fin dall’inizio del novecento, sono sempre state ritenute fattori trainanti dell’economia, fattori che, con la liberazione delle merci che affluivano nei mercati in grande abbondanza, si pensava avrebbero resi tutti liberi dalla schiavitù della frugalità che spesso era solo povertà. Potrei cominciare per parlare di consumismo collocandone l’inizio nella rivoluzione industriale ed elencandone le sue influenze, ma altri l’hanno fatto con più competenza di me, mentre io desidero soprattutto tentare di capire come mai da un sano bisogno effettivo di acquisto si è passato, non solo a situazioni patologiche da me citate all’inizio, ma alla mutazione del rapporto di ognuno di noi con le cose. Mi chiedo come mai siamo arrivati a fare, spesso lavori che odiamo per comprare cose che non ci servono, a volte per impressionare persone di cui nella maggior parte dei casi non ci importa nulla? Dove ha avuto origine questo meccanismo perverso? Certamente per ragioni pratiche, come la crisi economica, il consumismo viene ora demonizzato ma, anche se le situazioni fossero tanto floride da consentire ogni acquisto, resta il consumismo il simbolo di una tacita rivolta che ha fatto decadere la persona e il suo spirito per sostituirli con l’oggetto, la cosa e l’apparire. Erich Fromm negli anni 70 scrisse un libro di facile lettura “Avere o essere” che diventò, presso un’ampia fascia di lettori, non solo un best seller ma quasi un gioco di società. Ognuno, infatti, si divertiva a identificare il principio informante la propria vita con uno o con l’altro verbo. Quando il libro fu pubblicato, ognuno di noi tendeva a dimostrare il proprio aderire all’essere e quasi un disprezzo per l’avere. Si nota ora, invece, come l’avere e il fare apparire al massimo quello che si ha, non solo sono una legge ma anche un vanto. Nel 1925 Samuel Strauss creò il concetto di consumismo definendolo: “Un impegno a produrre (e consumare) un numero maggiore di prodotti un anno dopo l'altro, subordinando tutti gli altri valori all'esaltazione del proprio tenore di vita”. La depressione culturale, la pubblicità, la televisione hanno, nel corso degli anni, creato un sistema studiato per renderci infelici di ciò che abbiamo e farci desiderare ciò che non abbiamo. Ci ha inculcato un’avidità senza tregua che si manifesta non solo nelle cose ma anche sul nostro corpo che vogliamo sempre diverso seguendo la moda che impone una giovinezza fasulla, ma eterna. Nel suo libro “La scommessa della decrescita” Serge Latouche indica tante vie per abbandonare questo meccanismo ossessionante ma soprattutto considera il ritornare a un equilibrio un fatto tanto impegnativo quanto uscire da una droga. Pur ritenendo il processo di difficile reversibilità, avere chiaro i meccanismi perversi che ci spingono a consumare è già un passo avanti. Del resto non è certo la soluzione, il bloccare il mercato, forse, come lo stesso Lattuche propone, la cosa migliore sarebbe ribaltare i termini del problema: non considerare più un bisogno ciò che il mondo dell’imprenditoria produce e vende ma, con giusti acquisti e in base alle nostre esigenze, fare in modo che sia la produzione a cercare di fornire ai consumatori ciò che questi chiedono. Forse solo così potremmo riappropriarci della facoltà di acquistare liberamente prescindendo dal qualunque diktat mediatico.

 

 

Silvana Fernandez

Tratto dal Periodico MEZZOCIELO

www.mezzocielo.it